lunedì 24 ottobre 2011

POLITICAL MOTHER

HOFESH SHECHTER COMPANY
27 ottobre
Auditorium Conciliazione

h 20:30
Da € 30 a € 12
A due anni dal debutto a Roma nel Festival del 2009, Hofesh Shechter torna nella capitale con una nuova coreografia: “Political Mother”, una parabola sulle dinamiche politiche e sociali, un lavoro di esaltante energia fisica, spinto da una poderosa musica che picchia duro sulle corde del rock, eseguita dal vivo e firmata dallo stesso coreografo di origine israeliana.
“Political Mother” è la prima creazione “lunga” di questo coreografo nato in Israele 36 anni fa: ha studiato musica fin da bambino, oltre alla danza ama la batteria rock, e nel 2002 si è traferito dal suo paese prima a Parigi e poi a Londra dove, dopo alcuni esperimenti coreografici, nel 2007, ha fondato la sua compagnia.
I suoi primi lavori –tra cui “Uprising” e “In your rooms” presentati a Roma nel 2009–, mostravano a tutta evidenza le caratteristiche che gli hanno fatto guadagnare il successo internazionale: una spiccata sensibilità per la creazione di danze collettive, dove le singole parti acquistano peso ed energia nel movimento di gruppo; un uso delle movenze della “danza popolare” ma reinventate di sana pianta; un efficace disegno luci, spettacolare e raffinato incrocio tra il concerto e lo spettacolo teatrale –con le luci Shechter riesce a creare sipari tra diverse scene che sfumano una nell’altra o addirittura in alternanza simultanea. E poi la musica, cui tiene moltissimo e compone lui stesso su un chiaro impianto rock: in “Political Mother”, cinque percussionisti e quattro chitarristi creano dal vivo la colonna sonora, spesso un vero e proprio muro di suono, per dieci danzatori e un attore.
Alternando folle impazzite in movimento unisono, prigionieri senza causa che si trascinano via, un dittatore che lancia le sue invettive con movenze schizoidi, samurai alle prese con un minuetto, il coreografo israeliano stavolta sembra voler saltare da un tempo all’altro e da un luogo all’altro in un montaggio velocissimo, che segue le logiche destrutturate di quel che chiamiamo modernità. Insofferente nei confronti dell’autorità e dell’autoritarismo, Shechter non fa proprio nulla per nasconderlo: quello che scatena è un “immaginario politico” che va in frantumi, un’apocalisse per eccitare e provocare lo spettatore.


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